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Due Scuole in Etiopia

L’iniziativa

“Grazie all’iniziativa delle Suore missionarie della Congregazione della “Divina Provvidenza per l’Infanzia Abbandonata di Piacenza”, e di alcuni operatori italiani, tra i quali l’AMI (Amici Missioni Indiane) onlus, dal settembre 2006 è partito un progetto per realizzare un centro educativo (scuole) nei due villaggi abitati dall’etnia Vasai e Hadiya. A detta iniziativa hanno inoltre partecipato il Geom. Massimo Bocale e sua moglie Piera, che sono riusciti a raccogliere il finanziamento da parte della C.A.I. (Commissione Adozioni Internazionali – Presidenza del Consiglio) e dei comuni di Fonko e Lereba, che hanno messo a disposizione due idonei appezzamenti di terreno.

Il progetto si rivolge ai bambini e alle famiglie della zona con l’obiettivo di incoraggiare l’integrazione del gruppo nel tessuto sociale e favorire negli alunni e nei loro genitori una crescita umana e culturale al fine di promuovere, attraverso azioni educative appropriate, il desiderio di scuola e di istruzione.”

La Costruzione

“La costruzione della scuola di Fonko, racchiusa all’interno di un recinto, è iniziata nel gennaio del 2007 ed è stata inaugurata a fine ottobre dello stesso anno. L’edificio è stato costruito in bolognini su una struttura di cemento armato per resistere negli anni. Il tetto in lamiera poggia su una solida orditura di legno. La scuola è formata da, una segreteria, tre spaziose aule, un salone ricreazione, un locale adibito a cucina e dispensa e da un’ampia tettoia che funge da locale refezione. Sono altresì presenti tre bagni, il pozzo e la tanica per la raccolta dell’acqua, e nel vasto giardino, in parte piantumato con alberi d’alto fusto, trovano posto i giochi per i bimbi quali lo scivolo, la giostra e l’altalena.

Nella scuola vi lavorano sei maestre, il custode-giardiniere diurno, il guardiano notturno, e due donne che curano la cucina e le pulizie. Tutti percepiscono uno stipendio mensile per dodici mesi l’anno.

La costruzione della scuola di Lereba invece è iniziata nel dicembre del 2007 ed è entrata in funzione nel settembre del 2008, sebbene sprovvista del pozzo dell’acqua potabile. Nel dicembre dello stesso anno è stata inaugurata alla presenza di varie autorità locali come il sindaco, il vescovo e Suor Alessandra, una mitica suora missionaria che da oltre 40 anni svolge la sua attività nelle regioni più povere dell’Etiopia.

Sia la struttura che l’ampiezza della scuola è simile a quella di Fonko.

In questo periodo ogni scuola è frequentata da circa trecento bambini ai quali è offerto gratuitamente anche il cibo del mezzogiorno, e grazie a questa strategica donazione i genitori sono invogliati a mandare i propri figli a scuola.

Finalmente dopo un’attesa tre lunghi anni, dovuti alla mancanza di fondi e alla difficoltà di scavo e di approvvigionamento del materiale, nel maggio del 2011 è stato realizzato il pozzo che fornirà acqua potabile anche all’intero villaggio.

Il Geometra Massimo Bocale ha inoltre progettato nel 1913 la costruzione di un capannone di circa 100 mq da utilizzare per l’insegnamento professionale di falegnameria o idraulica che vorrebbe realizzare nella scuola di Fonko nel prossimo anno.”

Il Popolo Hadiya

“Il popolo Hadiya si dedica prevalentemente all’agricoltura e all’allevamento del bestiame e vive in minuscoli e graziosi villaggi famigliari sparsi fra la vegetazione tropicale. Elegante è il loro tucul a pianta circolare dal tetto conico in paglia: spesso viene, nella parte frontale ai lati dell’ingresso, intonacato e dipinto con disegni a motivi geometri, floreali o di animali e la loro combinazione è lasciata alla fantasia e al talento degli artisti. Queste decorazioni, il cui significato e la cui origine si è persa nel tempo, rendono sicuramente più bello e accogliente lo spazio in cui la famiglia vive.

In questa zona le donne istruite sono poche perché dedicano molto tempo ai lavori domestici. Ogni quattro maschi c’è solo una femmina nella scuola elementare, e la percentuale si riduce man mano che si passa alle scuole di grado superiore. In pratica manca qualsiasi forma d’incoraggiamento all’istruzione anzi, le ragazze vengono avviate al matrimonio precocemente. La struttura familiare è quella di tipo patriarcale che in qualche modo ha perpetuato l’esclusione della donna dalla proprietà e dall’autonomia economica nonostante il suo contributo ai lavori campestri. La donna è valorizzata nella misura in cui partorisce figli maschi: la famiglia senza eredi maschi è considerata, secondo arcaiche concezioni, una famiglia poco valorosa e poco benedetta da Dio.

Il Compito di educare la prole è affidato esclusivamente alla madre specialmente nei primi anni di vita.

Il periodo dell’infanzia comprende la fase dell’allattamento e dello svezzamento. Il bambino in questo particolare momento dorme sulla stessa stuoia della madre e l’accompagna in tutti i suoi spostamenti coricato sul suo dorso avvolto in un panno di cotone. In questo modo il bambino elabora le prime esperienze di vita e le prime scoperte.

Una tipica usanza, che può essere considerata come un rito di passaggio dalla prima alla seconda infanzia, consiste nel lasciare ai bambini un ciuffo di capelli sul capo che non deve essere tagliato prima dei quattro anni. Questo perché si crede che se il bimbo dovesse morire gli angeli lo prenderebbero per il ciuffo e lo porterebbero in cielo.

L’importanza che questo rito ha nella popolazione locale è spiegabile con l’alta percentuale di mortalità infantile che da sempre si registra nel distretto di Hosanna.

Al taglio di questo ciuffo chiamato irffo, che è in pratica un altro rito, al bimbo viene offerto un regalo, sovente un animale, che può essere un pollo, una pecora o addirittura un bue, secondo la disponibilità economica della famiglia. Con questo dono s’infonde nei bambini il senso della responsabilità e della cura della proprietà personale.

L’adolescenza che va dai sette ai dodici anni è caratterizzata da vari impegni che i ragazzi e le ragazze assumono, come, per esempio, portare gli animali al pascolo o avere cura dei fratelli minori. Sovente i maschi aiutano il padre nei lavori campestri mentre le femmine collaborano con la mamma nelle faccende domestiche; in questo modo s’instaura un rapporto affettivo forte con i genitori.”

Il Popolo Vasai

“I Vasai sono una minoranza etnica che vive nel sud dell’Etiopia, nel distretto di Hosanna. Dal XVI secolo hanno vissuto lavorando la ceramica, la falegnameria e la concia, tramandando solo oralmente la loro arte e i loro modelli educativi di generazione in generazione senza creare una scuola.

Per curare le malattie fanno ricorso, ancora oggi, alla medicina tradizionale e alle pratiche magiche.

L’arte della ceramica consentiva, fino a 30, 40 anni fa, di avere guadagni sufficienti a vivere ma da quando le moderne tecnologie hanno sostituito i classici utensili e l’attività tradizionale non è più remunerativa si è verificato un pesantissimo impatto sull’economia del gruppo e sulla qualità della loto vita. Oggi più del 99 per cento dei Vasai non ha un’istruzione e vivono solo grazie a occupazioni saltuarie come guardiani o custodi di animali.

I Vasai consci di questa situazione soccombono, ormai assuefatti alla frustrazione, senza riuscire a dimostrare la loro identità sociale e i loro talenti. L’inadeguatezza ai cambiamenti sociali potrebbe essere frutto anche della mancanza d’istruzione e di una scarsa politica d’integrazione nel territorio.”

E’ doveroso ricordare che la gestione delle scuole che comprende lo stipendio del personale, il cibo per i bambini, il materiale didattico e la manutenzione dell’arredo e dell’immobile viene pagato con le donazioni che le suore ricevono dai propri benefattori.